Tanto tempo fa, in un paese non troppo lontano da dove abitate voi, una bella signorina, stava pettinandosi allo specchio, come faceva spesso durante la giornata, quando a un tratto vide riflessa nello specchio una figura sorridente.

Per nulla spaventata Andreina, si girò a vedere chi fosse, e non vedendo nessuno pensò ad uno di quegli scherzi che la nostra vista ogni tanto ci fa. Continuò a passare la spazzola nei suoi lunghi capelli dorati ma con i suoi brillanti occhi verdi, teneva d’occhio l’angolo in cui era comparsa quella sagoma tanto simpatica, subito piaciuta che, come un effetto speciale, fece di nuovo capolino. Furbescamente lei fece finta di niente, e quando notò una disattenzione nella creatura, si girò di scatto e riuscì a scorgere la sagoma del misterioso esserino proprio nell’attimo in cui questo si nascose dietro alla tenda della doccia.

Con la tenera vocina, Andreina tentò di tranquillizzarlo, ma lo sentiva tremare e piagnucolare. Allora si mise a cantare la più dolce melodia che si ricordasse e sentì che il suo ospite si stava calmando, continuò fino a quando non lo vide uscire. Allora Andreina gli fece un gesto di saluto e sedendosi per terra fece in modo che capisse la sua intenzione di non fargli del male. Infatti un attimo dopo erano seduti uno vicino all’altra tenendosi per mano.

Era un piccolo bambino, vestito tutto d’azzurro, con un cappellino di paglia. Dapprima sembrava muto, ma Andreina con la sua gentilezza, con il suo amore verso i bambini, riuscì a strappare le prime parole al bimbo: “Come ti chiami, mio dolce ragazzino?” domandò.

“B-Bino”, fu la risposta con un vocino balbettante e insicuro.

Andreina accarezzò la testa di Bino e continuò: “Da dove vieni Bino?”.

“Non lo so…” rispose.

“Bino, dove sono i tuoi genitori?”

“Non lo so…” e pianse.

A questo punto Andreina decise di usare una tattica differente, cioè quella di tranquillizzare ulteriormente Bino, preparandogli una tazza di cioccolata. Canticchiando preparò il tegame sul fornello, e si sedette ancora vicino a lui.

Per avere più informazioni, doveva mettere a suo agio il piccolo, allora raccontò un po’ di lei. “Mi chiamo Andreina, sono una maestra dell’asilo di questo paesino…”, e alzandosi a mescolare la cioccolata, “mi piacciono molto i bambini come te”. La tazza fumante ora, era davanti a Bino che cominciò a sorseggiarla, intingendo i dolcetti che Andreina aveva preparato in un vassoio.

“Tanto tempo fa”, continuò, “avevo un bambino che era bello come te, ma degli uomini cattivi, me lo hanno portato via”. Diceva questo sempre sorridendo, per non rattristare il bambino, che nel frattempo si era calmato, e sorrideva di nuovo. Andreina soffriva molto per la perdita di suo figlio, ma non lo dava a vedere.

“L’ho cercato per anni, ma non l’ho più ritrovato”, in realtà non era finita la ricerca, “spero che un giorno ritorni da me, ne sarei felice.”.

“E tu da dove vieni?” domandò ancora.

“Mi sono perso, stavo camminando da giorni, quando sono arrivato a casa tua, e mi sono infilato nella finestra”, rispose speditamente.

“E i tuoi genitori dove sono”.

“Non lo so, non li ho mai conosciuti”.

Andreina doveva andare all’asilo e propose a Bino di andare con lei “Vedrai ci sono tanti bambini come te, ti divertirai”. Imbarazzato, tenendo la sua manina in quella della maestrina, entrò nella stanza dove dieci ragazzini attendevano l’arrivo di Andreina facendo un chiasso infernale. Quando videro quella che loro chiamavano “Signorina” però, cessarono la baraonda e salutarono in coro con un “Buongiorno Signorina”.

“Ciao bambini questo è Bino, è ospite mio voglio farvelo conoscere”.

Fu una giornata tra le più felici per il piccolo, che in mezzo a tutti quei bambini si divertiva un mondo.

Intanto Andreina pensava che doveva avvertire qualcuno, saperne di più.

Venuta sera si diresse verso l’edificio della polizia, ma non ebbe coraggio di entrare.

I giorni passavano e Bino era felice, anche Andreina lo era, le sembrava di avere ritrovato suo figlio, ma intanto pensava che non era giusto che lei trattenesse ancora Bino, sapeva che doveva avvertire qualcuno.

Una sera si decise ad entrare alla polizia, e spiegò tutto al comandante, che decise di lasciare Bino ad Andreina fino a quando non avesse scoperto qualcosa. Uscì anche un annuncio su un giornale con la foto di lui. Nessuno rispose, le ricerche della polizia continuavano.

Un giorno arrivò a casa di Andreina una ragazza che si presentò come la mamma di Bino. Stupita la maestrina chiese alcuni particolari del piccolo, che coincidevano, e Maria, la mamma appunto, spiegò la storia di suo figlio.

“Quando è nato non avevo soldi, e lo misi nell’orfanotrofio, a malincuore. Ho saputo mesi fa che era scappato, poi ho letto gli annunci. Ed eccomi qui”.

“Ora me lo porterai via?”, singhiozzò Andreina.

“Vedi, ora ho messo da parte un po’ di soldi, e potrei stabilirmi da queste parti, farò la pasticciera, potrai vedere Bino quando vorrai. Poi Bino avrà compagnia. Mesi fa ho trovato, molto malato, un bambino. Non ho saputo da dove venisse, è muto. L’ho chiamato Michi”.

Piangendo Andreina annuì, e salutò Maria che andò a prendere Michi. Intanto Bino si era svegliato e toccò alla maestrina raccontare la storia. Bino non la prese bene, e tentò di scappare; Andreina con molta tenerezza, fece capire a Bino che non si lasciavano per sempre.

Il giorno dopo Maria tornò, con Michi che era un bimbo poco più grande di Bino, scuro di capelli e molto vivace.

Andreina vide nello sguardo di Michi un riflesso strano, ma non riusciva a capire cosa ci fosse di così curioso.

Intanto Maria cercò casa e la trovò proprio vicino a quella di Andreina, Bino e Michi erano sempre insieme.

Una sera prima di andare a letto Michi disse sottovoce “Andreina, mamma”.

Maria chiamò subito la sua amica, e gli raccontò quello che aveva sentito.

Michi allora dissi nuovamente “Mamma”.

Gli occhi erano diretti verso Andreina, e non verso Maria.

La maestrina allora piangendo si avvicinò al piccolo e lo guardò meglio. Stupita si accorse che quel piccolo che le era stato vicino in questi ultimi giorni era il piccolo Paolo che tanto aveva amato, e che aveva perduto. Pianti, abbracci e una festa con tutti i bambini del paese, conclusero così una storia tanto triste all’inizio, ma tanto felice alla fine.

Ancora oggi le famiglie di Michi, o meglio Paolo, e di Bino si vogliono bene, e continuano ad abitare vicine.

(8 Ottobre 1994)

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