Un giorno, molto tempo fa, sette amici si ritrovarono al solito posto. Michele, che era il più fantasioso propose di formare un gruppo e girare il mondo a fare musica.

Gli altri rimasero allibiti, cos’era questa “musica”? Nessuno sapeva ancora cosa fosse. Non era ancora stata inventata. Allora decisero di farsi spiegare cosa diavolo fosse, prima di rispondere alla sua proposta e Michele incominciò: “Avete presente il suono che produce il vento soffiando tra i rami dei pini? E’ bello vero? Oppure non avete mai ascoltato lo zampillo dell’acqua buttarsi nella fontana della piazza della chiesa? Non ditemi che non è interessante il rumore degli zoccoli dei cavalli al galoppo? E…”.

Donatella allora, interrompendo la spiegazione di Michele, “Falla corta, dove vuoi arrivare?”.

“Lasciatemi spiegare, chiudete gli occhi e ascoltate”.

“Non fare i tuoi soliti scherzi, però…”, disse Renato, che era quello che Michele prendeva in giro spesso.

“No, è una cosa seria, ci ho pensato tutta la notte. Dicevo prima che mi interrompeste, che la natura ci offre tutti questi rumori, che noi siamo soliti ascoltare senza farci caso”.

L’interesse stava crescendo, anche se nessuno sapeva dove il discorso volesse andare a finire.

“Perché non proviamo a copiare e riprodurre questi suoni, con oggetti, o semplicemente con la bocca o con le mani? Provate a picchiettare sul tavolo con le dita, prima con il mignolo, poi con l’anulare, il medio, l’indice. Il pollice lo lasciamo da parte. Tutti insieme allora, mignolo, anulare, medio, indice. Più veloci adesso.”

Tutti eseguivano l’esercizio proposto, dapprima con sospetto, poi con divertimento.

“Non sembra il galoppo di un cavallo?” chiese Renato.

“Si è bellissimo”, constatò Pietro che era soprannominato Sol. Era sempre chiuso in casa, dovevano andare a tirarlo fuori, amava la solitudine. Ecco perché Sol, stava sempre solo.

“Proviamo ancora…”, contentissima esclamò Donatella. Era la più profonda del gruppo, nel senso che faceva i pensieri più ricchi di significati di solito, ma questa aveva ceduto alle banalità anche lei.

Tutti insieme “galopparono” per diverso tempo, poi Paola si stancò e domandò: “Ma la musica è tutta qui?”.

“No cara Paola,” rispose Renato “possiamo fare diversi rumori, e associandoli creare degli effetti diversi, poi come dicevo, possiamo usare anche oggetti, vedrete…”.

Andò a prendere una bottiglia e la diede a Donatella, un bidone a Michele, un elastico a Fabrizio, un bicchiere e una matita per Sol, una lama di una sega a Paola, e infine per Simona portò due cucchiai.

“Ora provate. Tu con la bottiglia… prova a soffiarci dentro e fare il rumore della nave che parte”.

“Tuuuu-tu”.

Ridendo Donatella soffiò nella bottiglia, divertendosi.

“Tu Michele picchia con le mani sul bidone”.

“Bong-Bong-Bong”.

“Bello, bello”, disse Michele e continuò.

“L’elastico deve essere teso tra le dita e pizzicato da un altro dito, forza Fabrizio…”.

“Tink-Tonk-Tank”.

Capì subito che variando la lunghezza dell’elastico variava anche il rumore prodotto.

“Mentre con la matita picchietta sul bicchiere”.

“Tik-Tik-Tik”.

“Il mio è uno strumento un po’ monotono!”

“Prova con più bicchieri riempiti con diverse quantità d’acqua…”.

“Tik-Tiik-Tiiik”.

“Così è più bello!”, urlò Pietro che doveva farsi sentire tra tutti i rumori.

Paola aveva già provato e produceva con la lama il suo rumore.

“Boing- Booing- Booiingg”.

Simona colpendo i due cucchiai fra di loro, produceva un suono molto caratteristico, e interessante: “Pik- Pik- Pik”.

Adesso la baraonda era al completo.

“Silenzio” urlò Michele. “Adesso dobbiamo metterci d’accordo e creare dei suoni all’unisono. Guardate me, io vi darò il via e voi suonerete al mio segnale”.

La prima volta non fu facile, ma Michele non si perse d’animo e provando e riprovando qualcosa nacque. Si lasciarono promettendosi di allenarsi a casa, e dandosi appuntamento per l’indomani.

Così giorno dopo giorno crearono diversi brani.

Un giorno però si accorsero che con l’aumentare dei pezzi da loro suonati, era difficile ricordare tutti i suoni da creare. Si misero a tavolino e discussero il problema.

C’era chi proponeva di scrivere su un foglio di carta il rumore da fare: era troppo difficile riconoscere a colpo d’occhio il rumore e rifarlo, e come si scrivevano tutti i suoni da riprodurre?

Ad un tratto Donatella si alzò e come in preda ad una visione disse: “Disegniamo dei simboli su un foglio, ogni simbolo un suono”.

“Si ma saranno migliaia”, fece notare Fabrizio.

“Proviamo a dare un significato a ogni simbolo a secondo di dove lo mettiamo”, propose Simona.

“Si ma è facile confondersi…”, fece notare dubbioso Renato.

“Disegniamoli fra delle righe”, e Michele disegnò delle linee su un foglio bianco.

“Ora proviamo a scrivere il primo pezzo, ognuno di noi scriva il suo motivo”, continuò Michele.

Quando tutti finirono, provarono il brano, era molto difficile, ma anche questa volta l’esercizio e la pazienza li aiutarono.

Parecchi sono i brani che hanno scritto i nostri amici, alcuni sono stati tramandati a noi. Sono cambiati anche gli strumenti, alcuni inventati e costruiti da Fabrizio. Ma tutti noi ci ricorderemo di loro visto che alcuni di quei simboli, le note appunto, hanno il nome legato al nome di quel gruppo. Do sta per Donatella, Re è tratto da Renato, Mi da Michele, Fa da Fabrizio. Con Pietro si è preferito usare il soprannome Sol. Da Paola è nata la nota La, e da Simona la Si.

E così quando sentirete una musica ricordatevi che sono stati loro, i “Pentagramma” come si facevano chiamare, ad inventarla, e quel giorno in cui Michele ebbe l’idea di riprodurre quei suoni, fu un giorno storico per tutto il mondo.

(5 Novembre 1994)

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